Malattia di Huntington. Le prospettive della ricerca

Con il gruppo del Centro malattie Rare
Elena Cattaneo con il gruppo del Centro di Neurogenetica e Malattie Rare Neuromed

È stata una carrellata sulla lunga storia di quel “gene antico”, al quale è legata la malattia di Huntington, la temibile patologia nervosa a base genetica. E proprio su una prospettiva globale di questa malattia, della sua storia, delle sue origini e delle promesse che la ricerca scientifica sta aprendo, è stato incentrato il seminario “Neuroni da staminali per l’Huntington: prospettive conoscitive e cliniche in ambito neurologico a partire da un gene antico”, tenuto oggi nell’I.R.C.C.S. Neuromed dalla professoressa Elena Cattaneo.

Cattaneo, Direttrice del Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative del Dipartimento di Bioscienze, Università di Milano, nonché Senatrice a vita, ha dato una visione d’insieme alla malattia di Huntington. Con un accenno alle ricerche in corso e a ciò che ci possiamo aspettare. “Vi sono diverse strade attualmente allo studio – ha detto la ricercatrice – Una, che definirei fenomenale, è di “silenziare” il gene responsabile della malattia. È stato infatti costruito in laboratorio qualcosa di simile a uno “scotch molecolare”, che riconosce esattamente il gene nel DNA e lo mette a tacere. I risultati su modelli animali sono stati molto incoraggianti, e nel 2015 è stata avviata la prima sperimentazione su esseri umani. Questa è una strada maestra, nella quale potremo colpire specificamente le cause della patologia

L’altro aspetto è quello delle cellule staminali, con la prospettiva di usarle per rimpiazzare il tessuto nervoso danneggiato dalla malattia. “Sulle staminali – ha detto ancora Cattaneo – dobbiamo stare bene con i piedi per terra. È importante che il pubblico capisca che serve tantissima ricerca, tantissime prove devono essere accumulate. Non c’è da andare dietro a “riti sciamanici”. Oggi, dopo decenni di studi, abbiamo un “faro” per le malattie neurodegenerative: l’uso di staminali embrionali. Nel 2011, per la prima volta, è stato possibile “istruire” queste cellule in modo che si trasformassero in neuroni dopaminergici, proprio quelli che muoiono nella malattia di Parkinson”.

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