Con il viaggio di Cristoforo Colombo la storia dichiara ufficialmente chiuso il Medioevo. Una nuova era si sta aprendo, e questo vale anche per il cibo. Oggi è difficile ricordarsi che alimenti come pomodori, patate, girasoli, o lo stesso mais, erano completamente sconosciuti in Europa, dove il loro arrivo cambiò profondamente le abitudini a tavola, e in più di una occasione salvò tanti Europei dalla morte per fame.
Ma l’eredità lasciata dai grandi popoli dell’America precolombiana contiene anche cibi molto meno noti, che oggi stanno risvegliando l’attenzione della ricerca scientifica, con un obiettivo: la prevenzione.
Il Neuromed è impegnato negli studi su due di questi cibi: la spirulina e il mais blu.
La spirulina, la meraviglia dei Conquistadores
Gli invasori spagnoli del sedicesimo secolo scoprirono che gli Aztechi della capitale Tenochtitlan usavano reti molto sottili per pescare qualcosa di strano dal vicino lago: una sostanza di colore verde-azzurro. Chiamata Techuitlatl, era consumata regolarmente dalla popolazione, ma sembra anche che i giovani messaggeri corridori la usassero come integratore durante le loro maratone.
Oggi la spirulina viene sempre più celebrata mediaticamente come un “supercibo” per via delle numerose proprietà benefiche che le vengono attribuite, anche se l’individuazione corretta dei suoi effetti è ancora oggetto di indagini scientifiche. Con il nome scientifico di Arthrospira platensis, a volte definita, non del tutto correttamente, “alga azzurra”, è un cianobatterio, cioè un batterio capace di fotosintesi.
Una ricerca del Laboratorio di Fisiopatologia Vascolare mostra che un suo estratto ha la capacità di contrastare l’ipertensione arteriosa attraverso la dilatazione dei vasi sanguigni. I ricercatori molisani, lavorando in collaborazione con le Università di Salerno, Sapienza di Roma e Federico II di Napoli, hanno infatti scoperto un peptide (una molecola composta da aminoacidi, come le proteine, ma molto piccola) che si è rivelato capace di provocare un rilassamento delle arterie e di portare a un’azione antipertensiva. Gli esperimenti, riportati in un articolo sulla rivista Hypertension, sono stati condotti sia in laboratorio su arterie isolate che su modelli animali di ipertensione.
“La nostra ricerca – dice Albino Carrizzo, primo firmatario del lavoro scientifico – è partita sottoponendo l’estratto grezzo di spirulina alla digestione gastrointestinale simulata. In altri termini, abbiamo riprodotto ciò che accade nell’intestino umano dopo aver ingerito la sostanza. In questo modo possiamo ottenere i peptidi che poi verranno realmente assorbiti dal nostro organismo”.
Da qui si è arrivati a identificare per la prima volta la molecola denominata SP6. Somministrata a vasi sanguigni isolati, in laboratorio, ha dimostrato un’azione vasodilatatoria, un effetto potenzialmente antipertensivo. Proprio questo ha spinto i ricercatori a sperimentare il peptide in animali affetti da ipertensione, ottenendo un effettivo abbassamento della pressione arteriosa.
“Sappiamo – dice Carmine Vecchione, Professore dell’Università di Salerno presso il Neuromed – che i pazienti ipertesi hanno spesso un difetto nel naturale processo di regolazione dell’endotelio (la parete interna dei vasi sanguigni) da parte dell’ossido nitrico. La molecola da noi individuata nell’estratto di spirulina agisce in modo positivo proprio su questo meccanismo. Saranno naturalmente necessarie ulteriori ricerche, ma SP6 potrebbe rappresentare un adiuvante naturale alle comuni terapie farmacologiche per migliorare la funzione endoteliale e, quindi, combattere l’ipertensione”.
Il mais blu: la ricchezza dei Maya
Nel campo alimentare, blu e rosso sono colori importanti. Diversi cibi caratterizzati da questa colorazione, ad esempio ribes, uva, ciliegie, arance rosse di Sicilia e lo stesso vino rosso, contengono particolari sostanze antiossidanti: le antocianine, che si stanno rivelando molto promettenti per la salute.
Vedere una pannocchia di mais blu o rosso è sicuramente qualcosa a cui gli Italiani sono poco abituati, e magari qualcuno lo scambierebbe per uno scherzo, oppure penserebbe a organismi geneticamente modificati. Invece sono varietà assolutamente naturali, anticamente coltivate nel Centro e Sud America dalle popolazioni Maya e Inca. Ancora oggi vengono coltivate e usate nella zona sud-occidentale degli Stati Uniti per preparare tortillas tradizionali, mentre gli Indiani Hopi del Rio Grande usavano quello blu per rituali religiosi.
I progetti europei FLORA e ATHENA, ai quali hanno partecipato anche i ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione, hanno utilizzato mais blu e rosso prodotto anche nel nostro clima, ricavandone degli estratti che attualmente vengono sottoposti a diversi test scientifici. L’alto livello di antocianine fa di questi alimenti un mezzo ideale per assorbire sostanze antiossidanti, che potrebbero esercitare un’azione benefica in termini di prevenzione di patologie o di supporto a terapie farmacologiche. “Esistono delle condizioni – dice Maria Benedetta Donati, Direttore Scientifico di Neurobiotech, la sezione casertana di Neuromed- in cui aumentare la dose di antiossidanti con integratori che hanno anche degli effetti antinfiammatori importanti, può essere consigliabile. Noi, in collaborazione con l’Università Statale di Milano, stiamo conducendo uno studio su donne che, dopo un intervento di tumore al seno, sono sottoposte a radioterapia. Oltre ai ben noti benefici, questo trattamento può causare reazioni infiammatorie a livello cutaneo, sia a breve che a lungo termine. In queste condizioni non sempre è possibile seguire un’alimentazione corretta, a causa dei disturbi provocati dai trattamenti radio e chemioterapici. Con il nostro studio arricchiamo il potenziale difensivo di queste persone attraverso antiossidanti somministrati tramite bustine di un granulato ricavato dalla farina di mais rosso. Quindi andremo a misurare una serie di parametri, non solo antinfiammatori. Un particolare apparecchio, il cutometro, ci farà ad esempio capire se gli antiossidanti aiutano a limitare gli effetti collaterali delle radiazioni sulla pelle”.