LA CATARATTA. IL VELO CHE PUÒ OFFUSCARE IL MONDO

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il dottor Marco Minicucci e la dottoressa Eliana Palermo

È attorno all’anno mille che il grande medico, filosofo e matematico persiano Avicenna inizia a usare il termine cataratta, derivato dalla parola greca υπόχυσις (kataráktēs), e da quella latina catarracta. Entrambe significano “caduta dell’acqua dall’alto”, una cascata insomma, e indicano come gli antichi pensassero che la malattia fosse dovuta a un eccesso di liquidi (“umori”) nell’occhio, probabilmente provenienti dal cervello. Ma la malattia era già ben conosciuta da moltissimo tempo sotto altri nomi: “suffusio” per i Latini e hypochyma per gli antichi Greci, parole che più o meno indicano uno stravaso di umori e la loro successiva coagulazione. Degli Egizi, invece, non sappiamo come la chiamassero, ma sembra certo che i loro medici la conoscessero bene e cercassero di curarla con unguenti e improbabili formule magiche, forse già con qualche pratica chirurgica.

Egiziani a parte, di certo la cataratta ha un primato: è una delle più antiche pratiche chirurgiche della storia, di cui si trova traccia persino nel Codice di Hammurabi (vedi box). Nell’800 avanti Cristo, poi, il medico indiano Maharshi Sushruta descrive in modo dettagliato una procedura (oggi chiamata “couching”) in cui, attraverso un ago, il cristallino (la “lente” del nostro occhio) reso opaco dalla cataratta veniva spostato e fatto cadere sul fondo dell’occhio. Nel migliore dei casi il paziente recuperava un po’ di vista, ma frequentissimi erano i pesanti effetti collaterali, fino alla cecità completa. La tecnica fu poi perfezionata verso il II secolo dopo Cristo, quando ci si decise a togliere completamente la lente aspirandola con un tubicino di bronzo inserito nell’occhio.

Per cinquecento anni non successe molto, ma verso la metà del diciottesimo secolo una corretta procedura di rimozione del cristallino venne eseguita dal medico francese Jacques Daviel: una incisione precisa e poi l’asportazione. Nel 1967, grazie a Charles Kelman, arrivano gli ultrasuoni (“facoemulsione”) e poco dopo il salto conclusivo: la sostituzione del cristallino con una lente artificiale, ideata dallo stesso Kelman.

“La cataratta – dice la dottoressa Eliana Palermo, del Centro di Neuroftalmologia Neuromed – non è altro che una opacizzazione del cristallino, una lente formata essenzialmente da acqua e proteine. Con il passare degli anni proprio la struttura delle proteine si altera, causando la perdita di trasparenza. Per questo si tratta di una patologia tipica dell’età anziana, anche se esistono casi in cui la cataratta può presentarsi in età giovanile per difetti congeniti, traumi o fattori ambientali. Lo sviluppo della patologia è lento. Diciamo che è come guardare attraverso il parabrezza annebbiato dell’auto, o scattare foto con una macchina fotografica che ha la lente sporca. Il paziente inizia a notare un annebbiamento della vista associato a diminuzione della stessa. Dopo ripetuti cambi di lenti, arriva la necessità di procedere all’atto chirurgico”.

La cataratta è una patologia decisamente comune, come chiunque può constatare nella propria famiglia: si calcola che il 90% delle persone di età superiore ai 75 anni ne soffra. “La diagnosi – dice dottor Marco Minicucci, dello stesso Centro – avviene attraverso una visita oculistica completa che include anche un esame biomicroscopico con lampada a fessura. Quando si decide per l’intervento chirurgico, decisione che viene presa di comune accordo tra medico e paziente, si effettuano ulteriori accertamenti e quindi si procede in anestesia topica, nel 95% dei casi, o locale (parabulbare) nel restante 5%. Le tecniche moderne hanno permesso di affrontare questa malattia migliorando la qualità della prestazione chirurgica. Abbiamo avuto una riduzione dei ricoveri, con il day surgery, assieme a una riduzione dei tempi di durata dell’intervento e delle complicanze. E abbiamo inoltre una serie di ausili tecnologici, come le lentine intraoculari pieghevoli e multifocali. La tecnica attualmente più usata è la facoemulsificazione, nella quale una sonda ad ultrasuoni frantuma il cristallino, i cui frammenti vengono poi aspirati lasciando intatta la capsula posteriore (la membrana che lo avvolge), che ospiterà la lente artificiale. Proprio questa lente, scelta con precisione durante le visite preoperatorie, permette anche di correggere eventuali difetti visivi già presenti. Si possono operare entrambi gli occhi anche a breve distanza di tempo, un’operazione che diventa indispensabile quando è presente una anisometropia, cioè la differenza di diottrie tra i due occhi”.

Per quanto risolvibile, la cataratta rappresenta comunque un problema medico-chirurgico, che tra l’altro sta conoscendo una trasformazione. “L’aumento della durata della vita – dice Palermo – porterà a un maggior numero di casi di cataratta, proprio perché l’età è un fattore molto importante. Ma stiamo osservando anche un notevole aumento di persone relativamente giovani affette da questa patologia. Ci sono diversi fattori che possono aumentare il rischio. Come il diabete, l’obesità, il fumo, l’abuso di alcol o l’uso prolungato di alcuni farmaci, ad esempio i cortisonici. Un elemento importante, però, è costituito dai raggi ultravioletti, che favoriscono la naturale degradazione delle proteine del cristallino”.

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