IPERTENSIONE ARTERIOSA. UNA PATOLOGIA GLOBALE

croppedimage701426-Ipertensione-arteriosaLa “malattia del polso duro”, era questo il nome arcaico di ciò che oggi conosciamo come ipertensione. Le prime tracce storiche risalgono al 2.600 avanti Cristo, quando Chou You-J, Imperatore Giallo della Cina, voleva già trattare il “polso duro”con quel metodo che la medicina avrebbe amato per millenni: il salasso. Perforando o tagliando una vena, oppure usando le care vecchie sanguisughe, lo scopo era togliere il sangue in eccesso dal corpo. Le stesse procedure le ritroviamo nell’antica Mesopotamia, incise su alcune tavole di argilla contenute nella libreria reale di Ashurbanipal. Celso, Ippocrate, Galeno, tutti i grandi medici dell’antichità si sono poi cimentati con questo fenomeno nel quale i pazienti presentavano un battito più intenso quando si andava a sentire il loro polso.

“L’ipertensione arteriosa – spiega il professor Giuseppe Lembo, Direttore del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale – è una precisa condizione clinica caratterizzata dall’aumento dei valori della sistolica, quella che viene chiamata comunemente la massima, e della diastolica, o minima. Secondo le linee guida internazionali, i valori non devono superare, rispettivamente, i 140 e i 90 millimetri di mercurio. Ma la pressione arteriosa considerata veramente ottimale, quella che ci farebbe dormire sonni tranquilli, è inferiore a 120 mm di mercurio per la massima e 80 per la minima. Viene ancora considerata normale fino a 129/84, mentre il campanello di allarme comincia a suonare al di sopra di questi valori, diventando sempre più serio man mano che i numeri si innalzano”.

Il problema dell’ipertensione ha due facce, entrambe preoccupanti. Prima di tutto la diffusione di questa condizione: secondo i dati ISTAT, in Italia oggi vi sono oltre 15 milioni di persone con pressione arteriosa elevata. In termini percentuali rispetto alla popolazione, sono il 23,4% degli uomini e il 16% delle donne oltre i diciotto anni di età. E sono in tanti a non sapere di essere ipertesi, come se si portassero dietro la classica bomba a orologeria. C’è poi da aggiungere che le cause sono ancora molto poco chiare. “Effettivamente – spiega Lembo – esiste un certo numero di eventi ben individuati, patologie già esistenti che portano alla pressione alta. Ma valgono per pochissimi casi. Per il 90% delle situazioni, invece, non si riesce a trovare alcuna causa convincente”.

Ma oltre alla diagnosi precoce, è necessario anche che la situazione possa tornare sotto controllo. “Uno dei problemi più seri – dice ancora il Direttore del Dipartimento – è proprio l’efficienza con cui i pazienti vengono trattati. Naturalmente il primo impegno è quello di monitorare costantemente i livelli di pressione arteriosa e cercare di farli tornare ottimali”. E questo è già un lavoro non facile, perché in molti casi i valori rimangono fuori controllo anche se si segue una terapia. Magari il trattamento è inadeguato perché il paziente non segue scrupolosamente le direttive dei medici, oppure trascura l’importanza di un monitoraggio attento, e in molti casi gli stessi farmaci possono non ottenere il risultato voluto. In ogni caso, il controllo dell’ipertensione rimane un problema medico ancora lontano dalla soluzione. “Ma c’è molto di più. – chiarisce Lembo – Dobbiamo infatti ricordare che l’ipertensione arreca danni a vari organi del nostro corpo, i cosiddetti organi bersaglio. E sono danni che possono essere già presenti al momento della prima diagnosi. Per questo motivo, quando siamo di fronte a un paziente iperteso, dobbiamo considerare con cura la necessità di analizzare il danno a livello cardiaco, renale, cerebrale, oculistico e, più in generale, a livello dei vasi sanguigni di tutto l’organismo”.

L’ipertensione come problema di tutto il corpo è il concetto alla base dell’approccio che si segue al Neuromed. “Qui al Neuromed – spiega infatti Lembo – abbiamo sviluppato delle forme di indagine dedicate specificamente al danno cerebrale nei pazienti. E’ un aspetto molto importante, visto che l’ipertensione arteriosa non solo è una delle cause principali dell’ictus cerebrale, e questo è già ben noto alla popolazione, ma è anche alla base di varie forme di deficit cognitivo e di demenza. E’ per questo che attualmente stiamo studiando forme precoci di danno cerebrale, soprattutto analizzando con una specifica tecnica di risonanza magnetica i fasci di fibre bianche (le fibre nervose che collegano le diverse aree cerebrali, ndr). Grazie a questa metodica stiamo riuscendo a caratterizzare il danno in una fase molto precoce, in cui le immagini classiche di risonanza magnetica non riuscirebbero ancora a vedere alterazioni”.

Ma oltre a spingere in avanti le tecniche diagnostiche le ricerche in corso riguardano anche i meccanismi di base. “Abbiamo in corso indagini a livello molecolare e cellulare, oltre che in modelli animali sperimentali, sul rimodellamento cardiaco (le variazioni sulla struttura e la funzionalità del cuore, ndr) e sul danno aortico indotti dall’ipertensione. Inoltre, sempre grazie a questi modelli, stiamo caratterizzando il ruolo del sistema immunitario nella genesi dell’ipertensione e, successivamente, il suo coinvolgimento nei danni che ne conseguono. Sembrerebbe infatti che proprio i meccanismi immunitari abbiano un ruolo importantissimo, finora inesplorato. Un campo in cui la nostra unità di ricerca si sta distinguendo a livello internazionale: siamo tra i primi ad avere individuato questi meccanismi”.

L’ipertensione può essere prevenuta quindi con delle semplici regole di vita sana. Regole che possono aiutare anche quelle persone che hanno già scoperto di essere ipertese.

–   Una corretta alimentazione, e non stiamo parlando solo di ridurre il sale. Meno zuccheri, meno carne, meno snack o altri cibi “spazzatura”. Invece più frutta e verdura, legumi, pane e pasta integrali. Non è difficile da riconoscere: è la nostra Dieta Mediterranea

–   Attività fisica regolare. Forse l’arma più potente

–   Tenere sotto controllo il proprio peso

–   Non fumare

–   Se ci piace un po’ di alcol, atteniamoci alla semplice regola dei due bicchieri di vino al giorno per gli uomini, uno per le donne

–   Imparare a gestire lo stress. Più facile a dirsi che a farsi, ma è realmente possibile affrontare le situazioni difficili in modo costruttivo, trasformandole in quello che i ricercatori chiamano “stress positivo”

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