“Le emozioni, allo stesso modo dei movimenti che compiamo ogni giorno, sono basate su circuiti nervosi ben precisi. Strutture specifiche, la cui sede è identificabile all’interno del cervello”
A dare un tocco di realismo al concetto di “emozione” è il professor Roberto Gradini, Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università Sapienza di Roma e Laboratorio di Neurofarmacologia del Neuromed, nonché Direttore, sempre alla Sapienza, del Master in Psiconeurobiologia. “Nella storia umana – continua Gradini – si è sempre cercato di identificare il luogo delle emozioni. Certo, da secoli tutti parlano del cuore, ma in un tempo più remoto si pensava fosse il fegato”. Immagini che restano ancora nel linguaggio di tutti i giorni, solo che si sono specializzate: cuore per l’amore, fegato per il coraggio. “Certo, i modi di dire resistono nel tempo. Ma la cosa veramente interessante è che la ricerca scientifica ci ha regalato le vere sedi dei sentimenti e delle emozioni. Zone cerebrali, neuroni, neurotrasmettitori che portano il segnale da una cellula all’altra. L’astronomo Carl Sagan diceva che sapere come funzionano le stelle, oppure l’essere andati sulla Luna, non toglie nulla alla poesia di un cielo stellato, anzi, la rende più affascinante. Probabilmente è così anche quando sappiamo quali zone del cervello si attivano provando un sentimento o un’emozione. Facciamo un test, l’amore dove lo collochiamo? “Una delle strutture maggiormente coinvolte è il nucleo striato. Secondo le ricerche più recenti, tutti i pensieri e i sentimenti associati con l’amore romantico si assemblano qui. Teniamo presente che lo striato è fortemente implicato nel cosiddetto rewarding, i comportamenti che ci piacciono e che tendiamo a ripetere. Inoltre ha un ruolo importante nella salienza, cioè il meccanismo con cui focalizziamo la nostra attenzione su qualcosa. Come possiamo facilmente immaginare, sono caratteristiche fondamentali dell’innamoramento”.
Qualche altro esempio? “Magari pochi ci pensano, ma anche il sentimento della vergogna ha una sua zona: l’insula, un’area localizzata in profondità nel cervello, tra il lobo temporale e il lobo frontale. L’insula è implicata anche nelle dipendenze, ma teniamo presente che i circuiti nervosi coinvolti nella dipendenza, che sia da sostanze o da comportamenti (come il gioco d’azzardo), si sovrappongono spesso con i circuiti dell’emotività. Esiste poi un vero e proprio circuito nervoso dedicato alla bellezza. Si attiva quando incontriamo qualcosa che a noi sembra bello. Magari un dipinto, una musica, un panorama. Stimoli visivi e uditivi attivano zone leggermente diverse, ma appartenenti allo stesso circuito. Addirittura vediamo differenze di attivazione causate da una musica o un’altra. E nella stessa area, quando c’è un’attivazione più marcata, troviamo un’esperienza particolare: la sensazione del sublime, qualcosa di estremamente bello. Ma in tutto questo discorso dobbiamo sempre tenere presente una cosa: le emozioni non sono così isolate. Si costruiscono attraverso le cosiddette aree cerebrali associative, dove i ricordi, le esperienze, quello che vediamo in un certo momento, rappresentano tutti segnali che vengono aggregati ed elaborati.
C’entra, con il discorso sulla bellezza, la Sindrome di Stendhal? Quando di fronte a qualcosa di bellissimo si può finire per perdere i sensi? “Sì. E’ il momento in cui possiamo renderci conto delle profonde connessioni che esistono tra cervello e cuore: una iperattivazione dei circuiti della bellezza porta a tachicardia, sensazione di vertigine, svenimento. Tutti sintomi legati al sistema cardiocircolatorio. Parlando di queste connessioni cervello-sistema cardiocircolatorio, il crepacuore esiste veramente? “C’è una parola giapponese che dà il nome a una sindrome, “takotsubo”. Il termine indica un particolare vaso che viene usato per catturare i polipi. In questa patologia il ventricolo sinistro del cuore cambia forma, somigliando appunto a quel vaso, e si instaura una insufficienza cardiaca. La causa di questa sindrome, chiamata proprio “del cuore spezzato”, è in uno stress emotivo profondo e prolungato. La perdita di una persona amata, ad esempio. Poi abbiamo il “karoshi”, sempre un termine giapponese che significa letteralmente “morte da eccesso di lavoro”. Qui ci troviamo davanti a un eccesso di stress, ritmi di lavoro forzati, poco sonno, urgenze da rispettare”.
Esistono malattie che colpiscono proprio le emozioni?
“Assolutamente sì. Ad esempio possono essere causate da eventi che danneggiano alcune aree cerebrali, come un ictus, un tumore, una epilessia di lunga durata. In questi casi troviamo non solo una alterazione delle emozioni, ma anche un cambiamento in “come” le emozioni vengono percepite dalla persona. A livello estremo, riscontriamo queste alterazioni negli psicopatici o nei criminali, che possono risultare meno empatici verso il prossimo. Ma anche senza andare su patologie o comportamenti gravi, possiamo osservare come alcune patologie del sistema nervoso possano portare a risposte patologiche. La cosiddetta emotività paradossa, ad esempio. Una persona può reagire in modo esagerato a qualcosa di bello o di brutto. Ma può addirittura invertire le sue reazioni: ritrovarsi a piangere di fronte a una bella notizia, e ridere di fronte a una tragedia. Un ruolo importante in tutto questo discorso lo ha l’amigdala, una struttura bilaterale coinvolta proprio nella valutazione degli stimoli emozionali che provengono dall’esterno, e nella successiva elaborazione della risposta. Alterazioni a carico dell’amigdala si riscontrano nei Disturbi dello Spettro Autistico e nella sindrome di Kluver-Bucy (nella quale si hanno vari sintomi, tra cui la perdita della paura e l’incapacità di riconoscere il significato emotivo o affettivo delle situazioni, ndr). Infine, altre patologie che colpiscono le emozioni, anche se non sono state ancora collegate a danni di precise regioni cerebrali, sono l’alexitimia (con la difficoltà a descrivere i propri sentimenti e capire quelli degli altri) e l’anedonia (l’incapacità di provare piacere in situazioni normalmente piacevoli).