ALZHEIMER. UNA VALUTAZIONE ACCURATA

demenze 2Distrazioni e dimenticanze sono cose che accadono a tutti, quasi stravaganze che possono diventare aneddoti. C’è però un momento in cui qualcosa diventa evidente. L’efficienza nel lavoro e nella vita quotidiana può diminuire, oppure possono avvenire modifiche nella personalità, o ancora si possono fare azioni poco coerenti. “In genere – spiega la dottoressa Anna Elisa Castellano, del Centro per le Demenze, UOC di Neurologia I Neuromed – sono i parenti, i colleghi, gli amici ad accorgersene. Hanno notato cambiamenti, a volte scambiandoli per una depressione o per uno stress eccessivo. Può anche essere il paziente stesso a rendersi conto che qualcosa è cambiato, soprattutto se è relativamente giovane. In ogni caso, a questo punto inizia un processo di indagine molto preciso. L’anamnesi è la base fondamentale. Da quanto tempo ci sono queste anomalie? I disturbi sono andati peggiorando nel tempo? La persona è affetta da qualche patologia? Quest’ultima informazione è particolarmente importante, ad esempio nel caso sia presente un ipotiroidismo, una carenza vitaminica, un tumore, una lesione vascolare a livello cerebrale o una disfunzione del fegato. Tutte condizioni che possiamo affrontare alla base. Importantissime le malattie cardiovascolari, prima di tutto perché sono fattori che aumentano il rischio di demenza, mentre la loro prevenzione e cura con terapie specifiche può avere risvolti positivi anche nella prevenzione della demenza stessa.

L’osservazione, il colloquio con la persona e con l’accompagnatore, sono i pilastri su cui si poggerà il successivo percorso di indagine. “La visita neurologica – Continua Castellano – permette di escludere deficit neurologici sensoriali o motori, indicativi di patologie alternative. Poi arriva il momento dei test di laboratorio e strumentali, dagli esami del sangue per le indagini metaboliche alla risonanza magnetica per valutare la presenza di atrofia associata o meno ad altre alterazioni a livello cerebrale. Infine i test cognitivi, che ci guideranno nel valutare lo stato del paziente e delle sue funzioni cerebrali in quel momento”.

A questo punto il neurologo può essersi fatto un’idea chiara della patologia, e dei passi da intraprendere. “Ma può essere necessario – spiega la neurologa – un approfondimento strumentale, ad esempio se ci sono ancora dubbi sulla specifica forma di demenza. In questi casi si rivela particolarmente utile la PET, che mostrerà il metabolismo del glucosio nel cervello evidenziando eventuali aree meno attive. Sempre attraverso la PET potremo anche valutare gli accumuli di proteina amiloide, specifica per l’Alzheimer”.

Una patologia che evolve nel tempo, da seguire con costanza, come sottolinea Castellano: “L’eventuale progressione della malattia, la sua velocità, sono fattori importantissimi. Per questo sono previste rivalutazioni regolari, soprattutto per quanto riguarda i test cognitivi, in genere a distanza di sei mesi”.

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