La questione quindi non è solo medica, come sottolinea la dottoressa Liliana Grammaldo. “La percezione dell’epilessia da parte della società ha visto corsi e ricorsi storici. I secoli hanno infatti visto confrontarsi due concezioni opposte della malattia. Da un lato la credenza che fosse una punizione inflitta dagli dei, dall’altro una visione più laica e scientifica che la considerava una malattia del cervello già ai tempi di Ippocrate. È verso il Rinascimento che scompare definitivamente la concezione di una malattia dovuta a eventi soprannaturali per diventare una condizione medica a tutti gli effetti. Questo però non è bastato ad abbattere completamente il pregiudizio, soprattutto in alcuni contesti socio-culturali. Il nostro sforzo è di lavorare in questo senso: sconfiggere il pregiudizio attraverso la conoscenza”.
L’Epilessia è una malattia che è cambiata molto negli ultimi anni. La ricerca è andata avanti mettendo a disposizione dei medici nuovi farmaci che permettono un netto miglioramento della qualità di vita di chi ne è affetto.
Come afferma il dottor Giancarlo Di Gennaro, responsabile dell’Unità operativa per la terapia chirurgica dell’epilessia del Neuromed: “rispetto al passato abbiamo a disposizione molti più farmaci antiepilettici e ne riscontriamo i vantaggi, soprattutto la riduzione degli effetti collaterali. Questi nuovi farmaci spesso consentono di fare una terapia “sartoriale” sul paziente, tagliandola su misura a seconda delle sue esigenze. Nel 70% dei pazienti otteniamo buoni risultati con il controllo completo delle crisi ed una buona qualità di vita. Nei casi in cui i farmaci non riescono a controllare in maniera soddisfacente le crisi, poi, la terapia chirurgica rappresenta spesso la soluzione del problema”.