La Sindrome di Brugada è una malattia genetica che può causare aritmie ventricolari che portano all’arresto cardiaco. Nei casi più gravi essa va trattata con l’impianto di un defibrillatore, apparecchio in grado di interrompere le aritmie ventricolari con una scarica elettrica che evita l’arresto cardiaco. Purtroppo la scarica elettrica è dolorosa e quando le aritmie si ripresentano frequentemente il paziente finisce per non tollerare più le scariche. In questi casi occorre effettuare un’ablazione per eliminare alla radice il problema. L’ablazione consiste nel bruciare le cellule malate che causano le aritmie nel Brugada. A differenza delle altre ablazioni questa non può essere effettuata attraverso le vene ma richiede di accedere alle pareti esterne del cuore.
La tecnica in uso è complessa e rischiosa e per questo motivo solitamente effettuata in pochi Centri al mondo (in Italia solo in alcuni del Centro e del Nord). Essa prevede infatti una puntura alla cieca con un ago sul torace per accedere al pericardio, il sacco che si trova intorno al cuore. Il rischio durante la puntura è quello di lesionare le pareti ed i vasi del cuore.
“Alla Mediterranea abbiamo sperimentato con successo una nuova tecnica – spiega il Dottor Giuseppe De Martino, Responsabile dell’Unità per la cura delle Aritmie e dello Scompenso Cardiaco della Clinica Mediterranea di Napoli – Questa tecnica è il frutto della collaborazione forte che si è creata in Mediterranea fra elettrofisiologi, cardiochirurghi ed emodinamisti e che ci ha portati a realizzare uno dei Centri mondiali più importanti per la terapia ibrida della fibrillazione atriale. Grazie all’esperienza maturata in questo ambito – continua De Martino – abbiamo applicato la tecnica anche all’ablazione del Brugada. Effettuiamo un taglio di 3 centimetri attraverso il quale accediamo chirurgicamente al pericardio e quindi senza alcun rischio.
Questa tecnica ci dà anche il vantaggio di poterci muovere al suo interno con maggiore facilità e di poter applicare le bruciature con migliore contatto e maggiore efficacia. Alla fine della procedura – continua – è anche possibile posizionare un drenaggio in silicone che evita complicanze nel postoperatorio. La procedura è eseguita in anestesia generale, dura un paio di ore e solitamente i pazienti vengono dimessi dopo 48 ore. Questa nuova tecnica è stata applicata per la prima volta pochi giorni fa ad un paziente di 50 anni che aveva avuto ripetute ‘tempeste aritmiche’ che gli avevano provocato ripetuti arresti cardiaci e altrettante scariche del defibrillatore. Dopo l’ablazione il paziente non ha avuto più aritmie ed è stato possibile dimetterlo in ottime condizioni dopo sole 48 ore dall’intervento. Il giorno dopo la dimissione – conclude De Martino – il paziente ha subito ripreso il lavoro”.
La nuova tecnica chirurgica è una delle novità scientifiche introdotte in Clinica Mediterranea dopo l’avvio della collaborazione con il Neuromed, Istituto di Ricerca a Carattere Scientifico, che da anni rappresenta un punto di eccellenza nel panorama della sanità nazionale.