Al sistema linfatico in genere non si pensa mai. Eppure, in stretta connessione con il sistema cardiovascolare, svolge funzioni molto importanti per l’organismo, a partire da quelle nell’ambito del sistema immunitario. Un’alterazione delle sue funzioni può portare a una patologia che rappresenta, negli stadi più avanzati, una vera e propria disabilità sociale.
Questo il tema dell’incontro “L’edema linfatico: quale approccio diagnostico e terapeutico nell’ambulatorio del medico di assistenza primaria”, tenutosi oggi nella Sala Conferenze del Polo di Ricerca Neurobiotech di Caserta e promosso dall’I.R.C.C.S. Neuromed. “L’Edema linfatico – spiega il dottor Guido De Filippo – discriminandolo da altre forme di aumento di volume degli arti che possono indurre facilmente in errori diagnostici, negli ultimi tempi ha conosciuto una diffusione sempre più ampia sia per le forme secondarie dovute a complicanza della malattia neoplastica e sia per le forme primarie, un tempo ritenute a causa sconosciuta ma che oggi sembrano avere una importante ed inquietante componente genetica ereditaria.
Oggi nel mondo, secondo dati divulgati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, si contano più di 300 Milioni di casi tra linfedema cosiddetto “primario” che “secondario”, quest’ultimo dovuto a sequela di interventi chirurgici per ablazione della rete linfoghiandolare satellitare a neoplasie o a inconsulte procedure strumentali nonché a traumatismi degli arti in soggetti particolarmente predisposti perché portatori inconsapevoli di displasia della rete linfatica, a parassitosi (sacche endemiche in Paesi dell’America Latina, India etc…) e non per ultimi, in ordine di dati, i cosiddetti funzionali o da disuso per scarsità di movimento muscolare conseguenti ad accidenti vascolari acuti o ad obesità.
La malattia linfatica, che colpisce vari distretti del corpo, è cronica ed ingravescente nel tempo ed evolve da stadi iniziali, a volte subdoli e misconosciuti, sino a sfociare negli stadi più avanzati in quadri altamente invalidanti sul piano sociale e relazionale (elefantiasi) tanto da rendere questi ammalati dei veri è propri soggetti infelici costretti a sostenere in proprio alti costi di gestione e difficile controllo terapeutico della malattia. Oggi grazie a moderne tecniche sia diagnostiche che terapeutiche si può effettuare una importante ed efficace prevenzione primaria della malattia ed ottenere soddisfacenti ed a volte impensabili risultati sul piano sia fisico che sulla qualità della vita di relazione del soggetto. Il linfedema da sempre costituisce una patologia vascolare negletta, sia per il paziente che diventa un “nomade sanitario” costretto, abbandonato a sé stesso, a vagare per Strutture a volte anche territorialmente lontane alla ricerca della soluzione del suo problema, sia per la classe medica che molte volte ignora il reale approccio al problema e sia dalla classe politica-dirigenziale che in passato non ha mai dimostrato un interesse specifico per questa malattia.
Solo ultimamente e grazie allo sforzo di appassionati Specialisti Medici ed al contributo di instancabili Categorie di ammalati, si è riusciti a sensibilizzare il Governo Italiano con riconoscimento del linfedema tra le cosiddette “patologie rare” facendolo rientrare legittimamente nei Livelli Essenziali di Assistenza (i cosiddetti LEA) con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (Marzo 2017), riconoscendo anche l’erogazione gratuita delle calze elastiche. Finalmente sembra che si sia giunti ad un capolinea. Ora si è in attesa che le singole Regioni facciano la loro parte recependo, secondo proprie Normative interne, quella che oggi è diventata finalmente una Legge dello Stato”.